Colin Campbell: Illuminato o Ciarlatano?

Dal 2005 quando Campbell pubblicò in USA “The China Study“, le librerie cittadine si sono riempite di libri sui Metodi Non Convenzionali nella cura del cancro e delle malattie degenerative. In Italia il China Study è arrivato nel 2011. Chi lavorava nell’ombra o chi è stato cacciato dalla medicina ufficiale, ha trovato lo spazio per diffondere le sue idee. L’enciclopedia Treccani raggruppa in cinque sezioni un mondo sconosciuto in Ospedale, ma dimostra come la scienza sia un argomento più grande di quello che il progresso ha portato alla luce. Nel 2007 le medicine complementari erano così raggruppati: 1) Sistemi di medicina tradizionale, 2) Interventi sulla relazione tra mente-corpo, 3) Terapie biologiche, 4) Metodi di manipolazione del corpo, 5) Pratiche basate su fonti di energia.

Campbell ha il pregio di aver puntato, con i suoi 40 anni di ricerche, alla individuazione della causa del cancro e come dice la filosofia buddista, “se conosci la causa risolvi il problema”. Con la sua interpretazione nasce una nuova oncologia innovativa e rivoluzionaria rispetto al modello genetico attuale.

China Study Colin Campbell 2015

L’individuazione della causa primaria del cancro permette di puntare non più alla cronicizzazione e alla palliazione dei tumori, ma di conseguire la guarigione e la prevenzione primaria. Queste idee non sono di proprietà di una setta medica che agisce nell’ombra o che per chissà quali scopi. Queste idee rivoluzionarie tendono ad aprire nuovi orizzonti di ricerca per uscire dal tunnel inconcludente in cui è cascata l’oncologia tradizionale. Tutte le volte che una persona muore per inefficacia della cura deve essere considerato un fallimento. Questo è lo spirito etico che ha mosso tanti medici e professionisti nel corso degli ultimi 100 anni a cercare nuove strade nella cura dei tumori. La nuova oncologia nasce dalle loro ricerche e dai loro sacrifici. Il contributo e il confronto di idee diverse e’ certamente un catalizzatore per arrivare quanto prima a salvare da morte prematura di milioni di persone. Sarebbe sbagliato, anzi sospetto, se verso tali propositi si instaurasse una caccia delle streghe. La reazione delle lobby è già in atto, ma l’opinione pubblica ne è a conoscenza ed e’ partecipe. Non si tratta solo di sancire la libertà terapeutica del medico, si tratta di unire le forze e affrontare insieme la guerra al cancro. Certe atteggiamenti ostruzionistici sarebbe bene che fossero riveduti e corretti e sostituiti da azioni moderate e collaborative in modo che protocolli integrati potessero dimostrare dove il nuovo paradigma funziona e dove fallisce. Nessuno ha la sfera di cristallo, tantomeno chi prescrive farmaci con la consapevolezza della loro inefficacia.

L’evidenza dei danni sulla salute causati dal cibo animale non può essere negata solo perché la braciola di carne è più buona del piatto di lenticchie. Il piacere della cucina moderna e raffinata non deve essere “l’ago della bilancia” che decide sul destino di una persona. La scienza medica si basa sulla obiettività dei fatti, non sulle mode dei tempi. La storia insegna quante verità’ erano sbagliate per credenze legate allo stile di vita di una popolazione. L’alimentazione vegetale ed integrale senza sale, pur con i suoi limiti e restrizioni, si dimostra valida nella riduzione di quello stato infiammatorio sub clinico conosciuto come “infiammazione da cibo“. Tale dieta non provoca effetti tossici e non pesa sui bilanci sanitari. Spesso sono le stesse persone malate che spontaneamente e di nascosto passano a questo regime alimentare. I tentativi spontanei di collaborazione alla cura sono spesso osteggiati e derisi. Questo e’ un comportamento medico scorretto che accentua i danni della malattia per la confusione che crea nei malati. La dieta vegetale ed integrale, con le sue molteplici varianti, non interferisce minimamente con le cure ospedaliere. La chirurgia, la radioterapia e l’oncologia possono solo trarre giovamento dall’impegno che una persona attua per cambiare la sua alimentazione. Questa oncologia integrata e’ semplice, non onerosa, gratificante e densa di aspettative. Sarebbe auspicabile che invece di generiche indicazioni alimentari fossero definiti nei reparti oncologici protocolli integrati tra cure tradizionali e alimentazione vegetale ed integrale. La accettazione dei pazienti sarebbe totale in quanto la prescrizione di una cura oncologica insieme al suo risultato terapeutico sarebbe vincolata alla associazione della dieta specifica anti cancro.
Questo non e’ un appello, nè una presunzione del sapere, è solo un desiderio per offrire ai malati, con malattie destinate al fallimento, una possibilità in più per affrontare il male del secolo.

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