Darwin sorrise quando gli fu detto che ” l’età della pietra finì, perché erano finite le pietre“.
Oggi con ironismo amaro si può dire che la chemioterapia è finita, perché i suoi risultati sono inconcludenti.
Nessuno con un cancro “tosto” sa se camperà o morirà dopo la chemioterapia. L’illusione di rientrare tra i miracolati e di essere in grado di superare la prova massima della vita, contrasta con la cruda realtà di cure senza garanzia di successo. Il filo della fortuna è dispensato, se tutto va bene, solo a quella percentuale di persone ancora vive dopo cinque anni di malattia. Sarebbe un diritto della persona guarire, invece spesso si guadagnano pochi mesi di sopravvivenza o si finisce imbottiti di morfina in un ospite risotti a un cadavere ambulante. I primi dieci cancri “killer” con morte prematura certa sono in realtà mille, diecimila milioni ogni anno. Ci sono anche i casi, dove si ottiene un certo successo, ma sono tumori a lenta evoluzione, ormoni sensibili o ematologici. Tutto il resto è terra bruciata. La chemioterapia è il fallimento della medicina nel momento in cui la persona non guarisce e finisce la vita in sofferenza. Le pietre sono finite, ma questo tipo di cura non è abbandonato anzi è sbandierato come l’unica cura disponibile. In una corsa affannosa è stata creata una rete che raccoglie sempre più malati per aumentare la casistica ed elaborare nuovi protocolli. Le pietre sono ormai esaurite, ma artificiosamente ne vengono generate nuove come una vite senza fine che gira, gira senza concludere nulla.
Da una parte la verità ufficiale dall’altra le bufale dei Ciarlatani. I professionisti sotto accusa, bollati come eretici, ormai non si contano più. Parimenti le persone che rifiutano la chemio, come pure quelle che non fanno vaccinare i propri figli, non sono più casi isolati. Il mondo cambia, ma molti credono ancora che l’età della pietra sia imperitura.
La spiegazione la fornisce senza ironia l’economista CarloMaria Cipolla. Il mondo occidentale concentra le sue risorse umane nelle tre categorie rosse, gialle e marroni.
A nulla potrebbero i profittatori della situazione sanitaria se non avessero al loro soldo una marea di sudditi obbedienti. Con l’arma della informazione manipolata, il popolo beone cade nella trappola. La ruota senza fine del macinino di caffè lo aspetta a braccia aperte. Riconoscere costoro è semplice. Con poche domande viene fuori l’ignoranza di un aggiornamento professionale rimasto ai tempi della pietra. La ristrettezza mentale si percepisce dalla ostilità verso tutto ciò che è fuori dai muri dell’ospedale. Le loro parole sembrano dette con lo stampino, i loro commenti sono tutti uguali, cambia la forma, ma la sostanza è piena di disprezzo per quelli che definiscono “ciarlatani”. Le cure non convenzionali sono negate in modo categorico. Il massimo della concessione è sulla alimentazione purché non si tocchi il latte e la carne bianca. È facile percepire questa ostilità mentale, più difficile è capire in quale categoria inquadrare il singolo individuo. Il rosso, il giallo e il marrone lo riconoscono tutti eccetto i daltonici, ma il danno che tutti insieme provocano al progresso è indiscusso.
È una sofferenza vedere la decostruzione della società. Le potenzialità intellettive avrebbero già da tempo riconosciuto che le pietre erano finite. Da almeno due decenni la scienza conosce la strada per guarire il cancro, ma tutto è bloccato ed oscurato. Questa è la ragione per cui molte persone scelgono la strada del “FAI DA TE”. Strada difficile e pericolosa per la mancanza di dati scientifici certi e per la presenza di approfittatori che speculano sulla salute del prossimo.
Oggi sarebbe auspicabile una maggiore consapevolezza etica del sistema oncologico italiano e occidentale. Nel sistema economico è stato sdoganato l’acronimo VUCA ossia Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity.
Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità e’ quello che sperimentano le persone dalla diagnosi alla morte, senza mai sapere se la strada era quella giusta. La conflittualità e l’arroganza accentuano il VUCA e la persona sfortunata si trova nel mezzo tra due schieramenti. A guerra finita quanti sono coloro che sono mangiati dal rimorso con in mente la frase fissa: “Se solo avessi saputo“. (Grazie a E. Benetazzo e C. Gerson)