Sono stato chiamato da un’oncologa, primario del Piemonte, per una persona che mi aveva cercato per la dieta MIMA digiuno. Una giovane donna di 48 anni presentava un  tumore mammario triplo negativo. Operata nell’estate 2016 è stata trattata con radioterapia e chemioterapia (AC+CMF) per undici mesi a Milano. Finite le cure a giugno del 2017, dopo tre mesi ha presentato recidiva nella sede operata e metastasi ai linfonodi toracici e una lesione polmonare. L’orientamento dell’Oncologa era per una chemioterapia di salvataggio con Taxolo e Carboplatino da iniziare quanto prima, dato il breve intervallo trascorso tra le cure e la recidiva. La prognosi infausta a breve tempo, “imponeva” una nuova chemioterapia, per poi affidare la giovane donna a un centro di cure palliative per malati terminali.

La domanda fu: se le prospettive di vita sono così gravi e ineluttabili, perché si programma una chemioterapia con tossicità rilevante? E ancora: perché si esclude a priori, la possibilità di metodi alternativi con testimonianze di remissioni e guarigione? La conclusione fu una chiusura completa e un diktat a non interferire con il programma di cure.

Il caso mi ha portato ad approfondire l’argomento sulle possibilità di cura del Taxolo e Carboplatino nei tumori mammari triplo negativo. Una discussione sui rischi e benefici nei casi con prospettive di morte in tempi brevi dovrebbe invitare alla cautela prima di prospettare cure tossiche. Il loro impatto negativo sulla Qualità della Vita, corre il rischio di togliere giorni belli alla vita di una persona. Qual è il vantaggio di queste cure? Le linee guida della WHO/OMS sono chiare: i farmaci altamente tossici devono essere impiegati solo se la persona trae un “guadagno” in termini di allungamento della vita, senza impatto qualitativo. Questo era sancito già nel 1990. Forse che le nuove generazioni non conoscono questi dati? E’ anche vero che le cure alternative non danno alcuna garanzia, ma d’altro canto non sono tossiche e possono sempre essere integrate con la terapia del dolore, la palliazione dei sintomi, la radioterapia e la chemioterapia metronomica (a basso dosaggio). Chi sta male non può essere curato con la tecnica del “chiodo schiaccia chiodo”. Il dolore non passa con il vomito, la stanchezza, la diarrea, l’apatia indotta da protocolli tossici. La gente comune queste cose non le conosce, non è informata sulla reali aspettative di sopravvivenza ed è illusa con la speranza di guarire.

Il triplo negativo è un frutto recente del progresso scientifico. Presso l’istituto tumori di milano è stato scoperto che “una piccola percentuale di pazienti” con tumore al seno non ce la fa a sopravvivere. Si tratta di pazienti in cui la diagnosi è tardiva,  la malattia è già in fase avanzata con metastasi diffuse oppure le terapie non sono efficaci. Questi casi di cancro al seno rientrano nella categoria triplo negativo (TNBC, dall’inglese triple-negative breast cancer). Il nome deriva dal fatto che le cellule di questo tumore non presentano sulla superficie nessuno dei tre classici bersagli contro cui sono dirette le cure più efficaci. I bersagli sono i recettori per gli estrogeni, quelli per i progestinici e HER2, un recettore per il fattore di crescita epiteliale. Queste molecole presenti in sulla superficie delle cellule tumorali sono responsabili dell’incontrollata proliferazione cellulare, in seguito a stimolazione ormonale e del fattore di crescita epiteliale. Se questi bersagli non ci sono  affidarsi alle classiche chemioterapie significa che i risultati non sono soddisfacenti. In altre parole, come disse un amico prete, è meglio l’acqua santa che la chemioterapia.
Questa realtà sui bersagli assenti nel cancro al seno, potrebbe però essere allargata anche ad altri tumori in cui il risultato delle chemioterapie è insoddisfacente. I primi 10 tipi di cancro che portano a morte in due anni la maggioranza delle persone sono tutti triplo negativi. La probabilità che esistano recettori capaci di essere riconosciuti come bersaglio dall’antiblastico è praticamente assente. Ciò significa che si sparano veleni nel corpo senza sapere dove si spara e senza sapere che cosa si colpirà. La lista delle cellule sane colpite dagli antiblastici è lunga, complessa e testimoniata dalla tossicità.
Il concetto del triplo negativo ha due risvolti: il primo è che in assenza di recettori specifici le possibilità che il farmaco colpisca le cellule tumorali sono molto scarse, il secondo data la inefficacia delle cure in molti tipi di cancro e necessario ripristinare la libertà di scelta della cura. Quando la guarigione non.è contemplata, quando l’aumento della sopravvivenza è irrisorio e misurato in giorni e mesi e quando la qualità della vita è compromessa dagli effetti tossici, la chemioterapia secondo gli schemi classici è contro indicata.
Il triplo negativo rappresenta un progresso della medicina perché funge tra spartiacque tra fare e non fare la chemioterapia. Senza reali vantaggi per il paziente in termini di guarigione, sopravvivenza e qualità della vita la prescrizione di certe terapie si configura come accanimento terapeutico.
Il comportamento della oncologa è quindi censurabile perché la paziente non solo non trarrà vantaggio dalle cure proposte, ma perderà gli ultimi mesi della sua vita con cure debilitanti. La sua qualità della vita sarà tale che le faranno rimpiangere la scelta di quelle cure, ma a quel momento per la nostra cara signora il tempo sarà finito.
Significa la assoluta non conoscenza della epigenetica

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